Umberto Smaila: Non ho rimpianti, il mio colpo grosso l’ho fatto in famiglia

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Umberto Smaila è un uomo felice: “Ho una bella famiglia unita e suono il piano, che rimpianti posso avere?”, dice in quest’intervista esclusiva al settimanale Oggi. Lo showman 70enne parla a ruota libera di tutto: i Gatti di Vicolo Miracoli, il suo famoso programma Colpo grosso, i “suoi” locali, i quattro figli e il nipotino Edoardo nato 5 mesi fa.

Eccolo Umberto Smaila: è seduto su una poltrona di un candido bianco al centro del salone di casa. Indossa un berretto, una t-shirt con scritto Charlie’s Angels e porta occhiali scuri. Accanto ha un pianoforte. Ad aprirci la porta è la moglie Fanny, bionda e luminosa. Davanti, Smaila ha il libro di Carlo Verdone. Per forza, il regista l’ha da poco omaggiato: «Devo tutto a Smaila», ha detto.

«È stata una sorpresa perché non dico che i miei contatti con Carlo fossero rari, erano rarissimi. Mi ha chiamato mezza Italia per dirmi: “Hai visto quanto ti vuole bene Verdone?”. Ho rintracciato il numero e l’ho ringraziato».
«Erano i tempi di Non stop, sono andato nel suo camerino alla Rai, gli feci una specie di provino. Gli suggerii di fare I Bambini di Dio che i più si ricordano perché in quel pezzo c’era il tormentone Un sacco bello. Dissi: “Guarda che con questo sfondi”. Lui non era convinto, voleva iniziare con Du cervi a Ponte Sisto. Insistetti, il giorno dopo tutta l’Italia diceva “un sacco bello”».

Veniamo a lei: dalla maglietta che indossa sembra un appassionato delle Charlie’s Angels. «Si vede che non ha visto bene, sono le ragazze Cin Cin di Colpo grosso. In mezzo ci sono io… Guardi che non l’ho indossata perché veniva lei, è una maglietta comune, non un trofeo».

Maglietta comune mica tanto: Colpo grosso ha avuto successo. Come erano davvero le ragazze? «Normali, per quello che posso conoscere io dell’universo femminile. Per il 99 per cento erano straniere, per loro era un modo per fare una vacanza in Italia. E, soprattutto, nessuno dei familiari ne avrebbe saputo nulla».

Invece il programma divenne famoso all’estero. «Le inglesi quando seppero che veniva diffuso da una televisione privata in Gran Bretagna si preoccuparono. Ma poi finì tutto a tarallucci e vino, gli spogliarelli non dico che fossero casti, ma insomma… Non era la lap dance. Quelle che si spogliavano erano modelle che venivano dall’Olanda, dalla Norvegia… non erano delle grandi professioniste secondo me. Avveniva in maniera artigianale anche perché c’era poco tempo, dovevamo fare 4 puntate una via l’altra dalle 2 alle 8 di sera».

Disse che Colpo grosso piaceva pure ai frati. «È assolutamente vero. Accadde durante una partita di calcio tra frati e noi della nazionale artisti tv. Un frate mi disse: “Mi piaceva molto di più quando lo facevi tu”».

Mi sveli un altro mistero: in alcune interviste ha detto che ha voluto questo programma, in altre che le promisero anche il programmone. Insomma bastone e carota. Qual è la verità? «Che non mi rimase neanche il bastone. A un certo punto mi sono trovato da 200 puntate all’anno a zero. Ho dovuto rivedere tutta la mia vita, vendere la Mercedes, mi sono rimboccato le maniche e sono andato in teatro a fare Fred Buscaglione. E poi ho messo in piedi l’orchestra, i locali Smaila’s. Insomma ho cominciato una nuova vita a 40 anni».

A proposito, ma i locali sono suoi? «No, non sono un imprenditore ma un artista. Mi sono inventato questo brand, in modo da garantirmi anche una certezza lavorativa».

Le danno dei diritti per il nome? «Ma no, i diritti sono fare gli spettacoli lì, un baratto».

Invece prende i diritti per le sue musiche che volle Tarantino. «Avevo fatto la musica di La belva col mitra, con Helmut Berger, era un B-movie di quelli che piacevano tanto a lui. Ci sono sei minuti miei che mise dentro Jackie Brown. Qualche soldino entra così».

Se io le dico che lei con berretto, occhiali scuri e il pianoforte sarebbe un perfetto personaggio di Tarantino che mi risponde? (Ride) «Che non sono così violento e sanguinario».
E se invece le ricordassi che al tempo dei Gatti l’avevano soprannominato «Gattone»? «Era dovuto al mio fisico, anche se ero molto più magro di oggi, ero sempre quello più in carne. E poi forse ero quello con l’aspetto da buono, da Garrone. Mi auguro sia stato per questo».

I Gatti di Vicolo Miracoli come sono nati? «I gatti perché sono graffianti. E il vicolo con quel nome esiste davvero a Verona, ci aveva divertito. Non le dico la difficoltà negli anni a far pronunciare il nome giusto ai nostri fan, sempre lì a correggerli».

A proposito, Alba Parietti com’era, sempre irruente? «Irruente non so se lo sia, era molto determinata per fare quello che avrebbe voluto: diventare un personaggio. Poi come tutte le piemontesi, come la Ventura, era dotata di una certa forza di volontà. Però si occupava molto del figlio».
Lei è padre di quattro figli, che padre è? «Penso di essere riuscito bene, ma la notizia è che sono diventato nonno, di Edoardo. Le posso dire che se non vedo tutti i giorni la sua foto non sto bene. Da padre non sono stato così ansioso come da nonno».

Ha 70 anni e ha fatto di tutto. Un rimpianto? «Parlare di rimpianti mette tristezza. E poi le dico: ho una bella famiglia unita e suono il piano. Che rimpianti posso avere?».

Umberto Smaila: Non ho rimpianti, il mio colpo grosso l’ho fatto in famigliaultima modifica: 2021-04-19T14:16:32+02:00da vita-vip
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