Elisabetta Canalis: «Il primo “mamma” di mia figlia Skyler»

Elisabetta Canalis

Un po’ di italiano, un po’ di inglese. I rimproveri sibilati nella propria lingua madre. Elisabetta Canalis, alla propria vita in California, attribuisce suoni diversi, lontani. «Quando è nata Skyler Eva», nel settembre di sei anni fa, «Mi sono ripromessa di parlarle in italiano. Non avrei mai potuto usare con la mia bambina una lingua, l’inglese, che conosco solo per l’80%», racconta l’ex velina, che del bilinguismo di Skyler ha fatto un punto d’onore. Una missione.

E, a tratti, un gioco, intimo e segreto, con la figlia avuta da Brian Perri. «Ho spiegato a Skyler come l’italiano potesse essere la nostra lingua dei segreti, qualcosa che gli alti, bambini e adulti, non avrebbero potuto capire». Sarebbe stato il bene condiviso di una mamma e della sua bambina. Ma questo non ha mai portato la piccola a tiranneggiare i propri compagni di gioco, affidandosi a suoni che non potessero capire. «Skyler, al contrario, ha imparato a tradurre molto velocemente, quasi in simultanea», spiega la Canalis, che in Italia ha lasciato una parte del proprio cuore e un progetto: «Tornare. In vecchiaia, però, perché sarebbe bello fare sei mesi qua e sei mesi là, ma mio marito ha un business a Los Angeles».

E una volta in pensione sarebbe disposto a lasciare la città che gli è casa?
«Sì, Brian si trasferirebbe subito. O, almeno, questo è quello che dice. A parole, è tutto più facile».

Perché tornare? A Los Angeles sembra aver trovato una dimensione che le è propria.
«Ed è così, a Los Angeles ho una mia attività, amici. Ho costruito una comunità nella quale anche Skyler è ben inserita, ma l’Italia è un Paese unico, meraviglioso, un luogo il cui valore, forse, può essere capito appieno solo attraverso la lontananza».

Negli Stati Uniti, però, hanno un’idea un po’ macchiettistica di cosa voglia dire essere italiani.
«Non è sempre vero. Certo, esiste un americano medio, che ha studiato il minimo sindacale e viaggiato ancor meno, che al solo pronunciare Venezia si figura l’Hotel Venice di Las Vegas. Esiste, però, anche un’altra America, un’America che guarda all’Italia e all’italianità con ammirazione. E poi, diciamocelo, anche noi italiani, spesso, abbiamo un’idea macchiettistica degli Stati Uniti».

Cosa intende?
«Non voglio addentrarmi in questione politiche o politicheggianti, ma, spesso, mi trovo a dover spiegare cosa siano gli Stati Uniti, la sanità, come siano governati e perché. In buona sostanza, mi trovo a chiarire agli italiani quegli stessi aspetti sociali di cui mi chiedono conto gli americani».

Skyler quanto percepisce delle differenze culturali fra Italia e Stati Uniti?
«Al momento, credo poco. È piccola, una bambina. Però, è decisamente italianizzata. Lo è nel carattere, nel mondo di guardare alla vita».

Si spieghi.
«La fortuna di essere italiani si ha nella capacità di vedere il mondo con distacco e ironia. siamo bravi, fin troppo, a volte, a sdrammatizzare, a vivere con leggerezza quel che ci accade. In America, prendono tutto molto sul serio: sono precisi, metodici, rispettano ogni regola che gli sia data. Skyler, che pur è calata in un contesto americano, ha l’ironia di un italiano».

Che lingua parla in casa?
«Quando è con me, l’italiano. Quando è con Brian, l’inglese».

E quando siete insieme?
«Allora, si parla tutto. Se devo dire a Brian una cosa che è importante capisca anche lui, parlo in inglese. Se, invece, devo rivolgermi solo a Skyler, parlo in italiano e, magari, traduco per mio marito. Lui capisce al 60%, è molto americano in questo. Gli anglofoni non si sforzano né vengono stimolati ad imparare un’altra lingua».

Perché allora avete deciso di iscrivere vostra figlia ad una scuola francese?
«Perché non ho potuto iscriverla ad una scuola italiana. La più vicina distava un’ora di macchina e sarebbe stato un sacrificio troppo grande per una bambina così piccola. Allora, abbiamo optato per una scuola francese, nella quale potesse respirare e studiare la storia e la cultura europea. È importante per me che si avvicini al nostro mondo».

Ma non è faticoso per una bimba di sei anni studiare in una lingua che non è la sua?
«Skyler non studia interamente in francese. Ho scelto per lei il corso di studi International, che prevede che solo matematica e arte, oltre al francese, siano insegnati in lingua. Il resto è fatto in inglese, e Skyler ha ottimi voti. Per questo con il francese abbiamo deciso di darle un supporto con una piattaforma online che si chiama GoStudent».

Com’è andata, invece, durante il periodo della DAD?
«Mi sembra ridicolo fare cinque, sei ore filate di didattica su Zoom. I bambini così piccoli vacillano: cominciano ad arrampicarsi sulle sedie, a scrivere sui muri. Basterebbe un’ora e mezza fatta bene».

Come è riuscita a far imparare l’italiano a Skyler?
«Ho seguito il mio istinto. Senza calcoli, senza dare adito a particolari studi. Noi siamo una coppia costituita da un’italiana e un americano, viviamo in America. Una volta uscita di casa, con l’asilo, Skyler sarebbe stata calata in un contesto americano, con amichetti americani, maestre americane, libri e giochi americani. Se io non avessi preservato la lingua italiana, nel corso della sua crescita l’avrei persa».

Pregiudizio vuole che i bimbi bilingue facciano più fatica ad iniziare a parlare.
«Skyler, allora, è l’eccezione che conferma la regola. Ha detto mamma la prima volta a cinque mesi e mezzo. Lo ha fatto in italiano. Mio marito, ancora, dice che sono pazza, che me lo sono inventato, ma è andata così».

Una buona predisposizione alle lingue, la sua.
«E credo che possa venirle dalla mia famiglia. Mia madre è insegnante di greco e latino. Io, dopo gli studi classici, avrei voluto iscrivermi a Lingue e Letterature Straniere. Skyler ha cominciato a stare su un aereo a tre mesi, ha sempre viaggiato molto, diversamente da tanti bimbi americani che non hanno mai lasciato il proprio Stato. È creativa e, oggi, quando capita io parli in inglese mi rimprovera».

Non è sempre stato così?
«No, per insegnarle l’italiano ho fatto finta di non saper parlare in inglese, di non capire. Così, l’ho obbligata a sforzarsi. Trovo che il bilinguismo l’abbia portata ad apprendere in maniera più veloce. Ha nutrito la sua vena creativa. Dove non arrivava con il linguaggio, doveva arrivare con altro».

Perché, nei video che pubblica online, parla sono in italiano Skyler?
«Scelta mia. Ne ho tanti, e più divertenti in cui parla inglese. Non voglio mentire. Si esprime meglio in inglese che in italiano Skyler, ha un vocabolario più ricco, è più veloce».

Però…
«Però, mi piace che sia “cosa mia”, che parli la mia lingua, rivolta, soprattutto, al Paese in cui io lavoro».

E chissà che un giorno non si trovi a studiare in Italia.
«Per le scuole dell’obbligo non credo possa succedere. La scuola francese, però, ci dà la possibilità di trasferirla in altre scuole francesi, a Milano o a Roma, per esempio, per brevi periodi. Se io, quindi, ho da lavorare in Italia tre mesi, Skyler può studiare qui e fare ritorno a Los Angeles poi. Vedremo come andrà. Dalle medie, dovrà introdurre una quarta lingua, a scelta fra tedesco, mandarino e spagnolo. Poi, farà latino».

Elisabetta Canalis: «Il primo “mamma” di mia figlia Skyler»ultima modifica: 2022-03-04T01:50:40+01:00da vita-vip
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